• Chiesa solidale della Caritas Diocesana di Tortolì e Lanusei
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Punto e a capo

  

Per molti anni l'auspicio di una presenza più significativa della nostra chiesa diocesana nell'ambito del servizio e della testimonianza della carità si bloccava di fronte ad una crisi generativa causata da numerose difficoltà e dalla opzione di altre priorità pastorali. Si sentiva però sempre più forte l'esigenza di intervenire sul terreno delle povertà e delle nuove emergenze non più in maniera occasionale e disorganica ma con una programmazione che prevedesse una lettura attenta e disincantata del territorio. E' stato necessario mettere le basi di una progettazione strutturata che aprisse la strada ad una azione caritativa nuova e comunitaria. Dall'altra parte non potevamo neppure rimanere insensibili alle continue provocazioni che papa Francesco lanciava nei suoi interventi, omelie e documenti. Siamo rimasti affascinati e colpiti in particolare dalla forza dei pensieri e dei richiami contenuti nell'E.G. Se volevamo anche noi “Incontrare – accogliere – amare” i poveri dovevamo farci prossimi non tanto di una categoria sociologica generica (la povertà) ma di volti concreti di uomini, donne, bambini. Abbiamo vissuto anche noi “la tentazione di mantenere una prudente distanza dalle piaghe del Signore” e di “rimanere a balconear” indifferenti, distanti e distratti… Tra i tantissimi pronunciamenti di Papa Francesco ci ha fatto riflettere e ci ha messo in crisi quanto afferma nella E.G al n.207: “Qualsiasi comunità della Chiesa, nella misura in cui pretenda di stare tranquilla senza occuparsi creativamente e cooperare con efficacia affinché i poveri vivano con dignità e per l'inclusione di tutti, correrà anche il rischio della dissoluzione (…). Facilmente finirà per essere sommersa dalla mondanità spirituale, dissimulata con pratiche religiose, con riunioni infeconde o con discorsi vuoti.

E' stato necessario pertanto iniziare un nuovo percorso; fermarsi e riflettere per leggere i bisogni reali e le necessità di una terra che non è passata indenne nel ciclone della crisi. Da un ascolto attento e continuo abbiamo visto come i bisogni che emergevano erano di ordine non solo materiale ma anche morale e spirituale. Ci siamo trovati davanti a nuclei familiari precari, senza grandi risorse. Questo ha portato alla necessità di rivedere come ricostruire non solo un tessuto sociale ma soprattutto quello interiore, dilaniato non poco, e propenso spesso al vittimismo e alla rassegnazione. Le dimensioni e le conseguenza della crisi ci hanno impressionato ma non bloccato. L'Ogliastra ha numeri drammaticamente significativi relativi alla disoccupazione in generale e a quella giovanile in particolare. Le zone interne risultano spesso abbandonate e numericamente in decrescita, quelle costiere vivono, nonostante la bellezza dei luoghi, tempi che il turismo non riesce a far decollare, anche in conseguenza del problema dei trasporti e dei collegamenti. Abbiamo quindi incominciato a dare uno spazio, anche fisico, dove questi bisogni e necessità emergessero in maniera chiara e definita. Abbiamo così investito prima di tutto sulla nascita di due “Centri di Ascolto” diocesani, a Tortolì e a Lanusei, e sulla formazione dei volontari. Ci siamo accorti, cammin facendo, anche con l'Equipe Diocesana, che il primo servizio dell'ascolto è fondamentale, e non solo per rispondere ai problemi materiali. Si è intervenuto infatti per ridare anche speranza e fiducia. Le povertà più grandi passano dalle difficoltà economiche ma derivano spesso da un senso di abbandono che toglie la possibilità di credere nel futuro. Testimone di tutto questo, anche il numero elevato di suicidi. In questi anni abbiamo potuto così “ascoltare”, con la disponibilità di una ventina di operatori volontari, centinaia di persone che ci hanno coinvolti nelle loro aspettative e richieste di aiuto.

Grazie all'Osservatorio e allo studio dei dati stiamo avendo una conoscenza del territorio più precisa. Tra i problemi certamente più grandi l'estrema povertà economica delle famiglie e la povertà educativa dei minori e dei giovani. Le famiglie con figli sono sempre più a rischio povertà economica, educativa ed esclusione sociale. Per povertà educativa intendiamo la privazione da parte dei bambini e degli adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni. Povertà economica e povertà educativa sono pertanto due facce della stessa medaglia, due povertà che si alimentano a vicenda, che si perpetuano se non si verificano avvenimenti, occasioni, prassi, modalità e comportamenti che ne interrompono il circolo vizioso deteminando un miglioramento della qualità della vita. La povertà economica nella Diocesi è determinata da molti fattori (anche storici, geografici e ambientali), ma certamente dalla mancanza di lavoro per un numero sempre più elevato di persone. Confrontando i dati istat con i nostri dei centri di ascolto, possiamo dire che se la Sardegna è tra le cinque regioni italiane che hanno fatto registrare un tasso di disoccupazione superiore al doppio della media registrata nei Paesi dell'Unione europea, il territorio della Diocesi di Lanusei, è in una condizione ancora peggiore e si piazza al terzultimo posto con 1.087 euro mensili, anche nella classifica italiana degli stipendi medi. In sostanza c'è poco lavoro, quando c'è è precario o stagionale e pure mal pagato. Molti giovani, così come tanti nuclei familiari, sono costretti a partire per cercare lavoro fuori mentre chi rimane fatica a vivere dignitosamente. In queste famiglie in difficoltà spesso ci sono minori o giovani in età scolare che subiscono gli effetti della povertà a cui si aggiunge, in molti casi, il problema della dispersione o dell'abbandono scolastico. Tanti giovani infatti, pur di contribure al sostentamento familiare decidono di non continuare gli studi e di accettare offerte lavorative precarie, stagionali e sottopagate perché il poco, spesso, è meglio del niente. La povertà economica familiare si ripercuote non solo nei giovani in età da lavoro ma anche nei minori. La scuola pubblica sempre meno è a costo zero: oltre il materiale per l'attività ordinaria (quaderni, penne, libri) ogni famiglia contribuisce per l'acquisto dell'acqua potabile, della carta, per i viaggi d'istruzione e per la mensa scolastica nel caso dele scuole con il tempo pieno. La mancanza di serenità della famiglia e degli studenti nel sostenere queste spese si ripercuote nella mancata serenità dell'apprendimento dentro e fuori l'aula scolastica. I bambini poveri rischiano di vivere ai margini aggravando la loro condizione. A tutto questo si aggiunge un altro dato allarmante: l'aumento del numero di studenti a cui, dalla terza classe della scuola primaria, vengono diagnosticati i problemi specifici di apprendimento quali disgrafia, dislessia e discalculia. In Ogliastra, zona ad alta omegeinità genetica, (pur terra di centenari / blue Zone) la prevalenza di questi disturbi risulta quasi doppia rispetto al resto d'Italia. Gli altri dati sulla questione scolastica sono altrettanto allarmanti: Il 23,5 % di studenti nel territorio della Diocesi di Lanusei abbandonano gli studi. Questi dati riflettono però quelli di tutta la Sardegna. In Sardegna quasi un giovane su quattro (23,5%) tra i 18 e i 24 anni non ha concluso un ciclo di studi superiore né un corso di formazione professionale. Tutto questo però non ci paralizza, anzi. Ci stiamo impegnando per avviare e determinare (anche attraverso un progetto ad hoc) un cambiamento positivo soprattutto per chi vive queste condizioni di svantaggio economico e sociale e che genera solitudine ed emarginazione. Sarà inizialmente solo un piccolo segno ma sarà una opera segno! Speriamo di poter avere l'aiuto necessario anche dal centro nazionale.

Come Caritas diocesana, grazie all'apporto di volontari con particolari competenze professionali, abbiamo potuto anche aprire (un giorno alla settimana) uno “Sportello Psicologico” che fa da supporto ai Centri di Ascolto, soprattutto per queste problematiche più complesse. Siamo molto preoccupati poi per gli altri dati allarmanti che cerchiamo di leggere e interpretare. L'andamento del mercato del lavoro è negativo, quasi tutti gli indicatori in genere sono in flessione. Il dato più preoccupante però riguarda gli inattivi, coloro che non hanno lavoro e neppure lo cercano, aumentati di 900 unità (5,6 per cento) fino a raggiungere quota 16.600, quasi un terzo della popolazione. Per questa emergenza stiamo molto attenti al cammino che la Chiesa Italiana sta facendo. La settimana sociale dei Cattolici ha dato un grande contributo alla riflessione. La scelta poi di favorire la presentazione di “buone prassi” ha incoraggiato e aperto nuovi orizzonti. Siamo particolarmente contenti che la chiesa italiana si sia coinvolta tutta nell'assumere come prioritaria l'educazione dei giovani e che non nasconda la sua preoccupazione per il lavoro che non c'è. Sentiamo vicini anche papa Francesco e siamo grati quando rinnova l'invito a “generare e accompagnare processi che diano luogo a nuove opportunità di lavoro dignitoso”. Anche per questo diamo molta fiducia al Progetto Policoro e a quanto sta facendo nella nostra Diocesi. In collaborazione con la Caritas ha dato vita e accompagna la nascita e i primi passi della Cooperativa Sociale Amos che ha avuto in concessione l'utilizzo di 5 ettari di terra di proprietà della Diocesi. Siamo certi che darà sempre più accoglienza e spazio a opportunità di lavoro!

Seguiamo poi con molta attenzione i percorsi fatti per le riforme del sociale: la legge per il contrasto alle povertà e la riforma del terzo settore in qualche modo ci stanno spingendo ad una collaborazione diversa, certamente più organica con le istituzioni e a trovare nuovi modi di collaborazione. In questo senso ci stiamo muovendo per aprire protocolli di collaborazione con le unione dei comuni. Dovremo dare certamente più tempo per conoscere e studiare tutte le misure e i cambiamenti dei provvedimenti normativi.

Per quanto riguarda il nuovo scenario della questione dei migranti possiamo senz'altro dire che abbiamo percepito anche nei nostri territori quella che è stata chiamata “cultura del risentimento”. A fronte della ottima accoglienza nei 7 centri di accoglienza presenti in sei comuni è diffusa purtroppo una mentalità infarcita di ignoranza, paura, intolleranza. I social poi fanno da cassa di risonanza agli istinti peggiori. Come Caritas diocesana siamo presenti con la visita dei centri e nel dialogo con i responsabili e attivandoci nella preparazione della FESTA DEI POPOLI, che, come dice il nostro vescovo nella lettera pastorale, è una “occasione per incontrare, conoscere ed apprezzare le diverse etnie presenti nel nostro territorio… per riprendere in mano il valore e la natura della nostra umanità”. Nata in sordina questa festa sta diventando una straordinaria occasione anche sul piano educativo per le nostre comunità che si affaciano a questo evento con curiosità e simpatia, con l'occasione attraverso l'incontro, di dialogare e conoscere. Per rispondere sempre più alle esigenze educative ci siamo attivati in questo anno ad incontrare le caritas parrocchiali con l'intento di avviare al più presto un percorso formativo in ogni forania della Diocesi per gli operatori e i volontari caritas. Confidiamo molto in questo impegno e in questo servizio. In questi anni abbiamo sempre cercato di collaborare e di convolgere le parrocchie, il mondo del volontariato e le amministrazioni comunali. Ci sentiamo tutti coinvolti in questo cammino di riflessione, studio e progettazione. Sentiamo l'urgenza “sia di collaborare per risolvere le cause strutturali della povertà e per promuovere lo sviluppo integrale dei poveri, sia con i gesti più semplici e quotidiani di solidarietà di fronte alle miserie molto concrete che incontriamo”. (E.G. 188) Tra le diverse richieste di aiuto non siamo rimasti inattivi di fronte alla necessità di dare un pasto caldo a quanti non riescono a garantirsi questo bisogno primario. A Tortoli la mensa è aperta tutti i giorni e fornisce più di 20.000 (ventimila) pasti all'anno. Tra i beneficiari persone anziane, ammalate, sole, disoccupate, italiane e straniere, uomi e donne. Dietro i volti dei destinatari, diversi per lingua, nazionalità e tradizioni le tante storie di povertà e le più diverse richieste di auto. Il rischio che continuamente corriamo è quello di venire ancora “delegati” come gli unici che si “devono” occupare della carità e che la “devono fare”. Il vescovo nella sua lettera pastorale, riguardo a questo dice che “nessuno deve pensare che la vitalità di questi servizi debba comportare la deresposanbilizzazione dei singoli credenti o delle stesse istituzioni civili”. Tra questi servizi si fa riferimento anche al prezioso lavoro svolto dai volontari per il Microcredito dioceano e per il Prestito della Speranza; il Centro di Ascolto e i laboratori avviati in carcere; il servizio legale, il servizio vestiario e il rapporto sempre più stretto con gli uffici dell'Uepe di Nuoro per l'esecuzione della Pena esterna. Un altro asse di impegno è l'organizzazione per tutto quanto concerne la distribuzione alimenti Agea e la preziosa opera dei vari servizi territoriali.

Don Giorgio Piero Cabras

  • "Apri i nostri occhi, Signore, perché possiamo vedere Te nei nostri fratelli e sorelle. Apri le nostre orecchie, Signore, perché possiamo udire le invocazioni di chi ha fame, freddo, paura, e di chi è oppresso". (Beata Madre Teresa di Calcutta)

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