• Chiesa solidale della Caritas Diocesana di Tortolì e Lanusei
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La voce dei volontari

Giovanni e Giuseppina non hanno esitato. Hanno accolto prontamente l'iniziativa diocesana "Ascolta un carcerato" e il successivo invito del vescovo Antonello alla costituzione di un gruppo di ascolto per il carcere "San Daniele".

Hanno così iniziato questa esperienza varcando, non senza timore e trepidazione, la "soglia granitica del carcere". Dopo i primi incontri di formazione con gli altri operatori e con la direzione del Carcere iniziano questa straordinaria esperienza di fraternità ascoltando i diversi detenuti che chiedono di incontrarli. Sostenuti dalla preghiera hanno incontrato anche tutta la realtà umana che vive nel carcere: dal direttore responsabile al comandante, dall'educatrice alle guardie.
Per tutti una stretta di mano, un sorriso. Ma è l'incontro con i detenuti a segnarli in modo particolare. Iniziano ad impegnarsi mettendosi il più possibile nei panni degli altri, cercando di relazionarsi in modo semplice, liberi da giudizi e da pregiudizi.
Davanti a loro (come agli altri operatori), i detenuti si aprono e si confidano, sentendosi liberi di farlo e cogliendo questa opportunità come un dono. Giovanni e Giuseppina iniziano ad entrare così dentro storie fatte di sofferenza e dolore, di sbagli e di speranze nuove.
Hanno il desiderio di aiutarli a prendere coscienza della bellezza delle piccole cose quotidiane che per il momento non hanno: gesti, sguardi, sorrisi, affetti, la libertà, a cui prima non si dava valore. Si impegnano perché i detenuti possano acquisire queste consapevolezze senza farli sentire schiacciati, ma con l'intento di farle diventare uno stimolo per desiderare e scegliere di cambiare. Dall'inizio hanno sperato di essere, e molte volte così è stato, un ponte di collegamento con il mondo esterno, soprattutto per coloro che non ricevono visite per la lontananza dai familiari o perché le relazioni si sono interrotte.
Grazie alla vicinanza e allo stretto collegamento con la sede Caritas diocesana provvedono spesso anche ai bisogni materiali dei detenuti.
Loro stessi raccontano che escono da questi incontri letteralmente "scardinati" dai loro schemi mentali.
Passare delle ore con queste persone, incontrare il loro sguardo, spesso imbarazzato, desideroso di comprensione e di fiducia li obbliga a rinnovare i loro pensieri, a mettersi in ascolto con cuore sempre nuovo e aperto. Rimangono impressionati soprattutto dai giovani detenuti, che hanno sbagliato certamente, e che sono una umanità sofferente bisognosa di aiuto. Da loro in particolare sono ringraziati e ricevono attestazioni di stima, come Luca che afferma "Voi mi date la possibilità di comunicare. Voi mi ascoltate. Sono contento della vostra visita settimanale perché non ho nessuno, sono solo", e un altro, Giuseppe "E' bello e necessario che voi veniate perché così non restiamo buttati a letto anche nel pomeriggio, perché non abbiamo niente da fare".

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